TEMI SVOLTI di EDUCAZIONE CIVICA - VOLONTARIATO

Sono quasi due anni che l’umanità convive con la pandemia cercando di adattarvisi per garantirsi la sopravvivenza, ma è innegabile che sia stata sconfitta per quanto riguarda gli effetti che la situazione ha avuto sulla società, la quale non era nelle migliori condizioni già prima dell’emergenza sanitaria. Di fatto la pandemia ha solamente accelerato il processo di progressivo allontanamento tra culture e fra persone frutto dell’era di Internet, avvicinando in maniera omogenea al mondo digitale anche le fasce di età che ne avevano sempre fatto a meno. 

Come ricordato nei vari articoli che abbiamo visionato, l’uomo è un animale socievole, necessita di interagire con gli altri per progredire, invece questi tempi sembrano spingere nella direzione opposta, facendo diventare tutti più connessi ma sempre più distanti. Non avere più bisogno di uscire di casa per

interagire con qualcuno sta lentamente portando la mia generazione, ma non solo, ad allontanarsi dalle esperienze sociali che oggi definiamo in presenza. Da questo è derivata una brusca diminuzione della partecipazione ad eventi e pure ad attività sociali come il volontariato. Esso è definibile come un’attività volta al sostegno dei bisognosi, ossia persone che per ragioni economiche o sanitarie si trovano in difficoltà, regolata da alcune norme dettate dallo stato. Nonostante sia la dimostrazione più significativa delle falle nel sistema capitalista, obbedisce alle sue regole, essendo un’attività strettamente legata al denaro, a sua volta necessario (per quanto non sufficiente da solo) per fornire un aiuto concreto. 

Da un certo punto di vista il volontariato è una sorta di correttivo delle inadempienze del sistema capitalista, che non riesce (o meglio, non può o, ancora, non vuole) a sopperire alle necessità di tutti, ma d'altro canto può rappresentare a sua volta una falla nel sistema, dal momento che si basa un un principio che non solo è in contrasto con la filosofia capitalista (il dono gratuito e volontario del proprio lavoro) ma potrebbe metterla totalmente, radicalmente in crisi. A meno che anche il volontariato, una volta organizzato, non sia anch'esso fagocitato dall'insieme.

Proprio per uscire dal circolo vizioso del ragionamento astratto sull'argomento,   ho voluto raccogliere e riportare qui la testimonianza di una persona a me cara che fa volontariato quasi tutte le sere. Si chiama Mara e gestisce un banco alimentari al mercato di corso Chieti. Pur alzandosi tutte le mattine alle quattro, trova anche  tempo da dedicare ai bambini con gravi disabilità tramite l’associazione Paidèia, e ogni volta che ne parla le si illuminano gli occhi. Mi ha spesso raccontato le sue esperienze, sottolineando l’importanza della sua causa e di come, dando se stessa agli altri, il cuore le si riempia di gioia. 

Il suo modo di stare al mondo, la sua generosità che non ha bisogno di spettatori, oltre a esercitare su di me un’attrazione sul piano morale, mi induce a  sperare che in fondo l’essere umano non sia così crudele come dimostra ogni giorno con la sua indifferenza; addirittura,  l’esperienza del volontariato mi sembra rappresentare quanto di più riconducibile  alla tanto celebrata, ma sempre imprecisa, definizione di umano. Di qui un’inclinazione, alla quale è possibile che dia seguito in futuro, a dedicarmi a questo genere di attività. 

Alessandro G.

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Le contingenti  circostanze  socio-economiche hanno esercitato un impatto consistente e visibile  sulle propensioni individuali, già di solito variamente declinate, a partecipare alla vita sociale. In effetti, anche senza appellarsi alle statistiche, si capisce che stiamo vivendo in maniera sempre meno integrata a livello di comunità e che  i “fili” delle relazioni interpersonali stanno mano a mano indebolendosi: anche  i dati riportati dall’Osservatorio sulla Sicurezza curato da Demos per la Fondazione Unipol mostrano questo progressivo declino partecipativo, che sicuramente si è accentuato con l’avvento della pandemia da Sars-Cov2, ma che tuttavia ha le sue radici in un periodo antecedente.  Dal 2018-’19 la partecipazione politica si è ridotta drasticamente. La diminuzione riguarda, entrando in qualche dettaglio,  la mobilitazione sociale che, per esempio, si è dimezzata per quanto riguarda le proteste suscitate da problematiche locali e territoriali. Analogamente,  attività come il volontariato si sono ridotte, in un crescendo culminato ovviamente con  la pandemia, che si è inserita come un ulteriore elemento negativo responsabile di un’accelerazione nella progressiva diminuzione di partecipazione.          Stiamo vivendo una realtà in cui tutto sembra bloccato: le relazioni inter-personali, che permettono all’essere umano di alimentare la sua interiorità, definire il proprio orizzonte, manifestare volontà e porle in atto, si diradano, incontrano molti più ostacoli di un tempo, e questo, oltre a  causare una grave perdita per la dimensione emotiva, inibisce gli scambi di idee necessarî e indispensabili per donare linfa vitale alla comunità. 

In questo triste, persino drammatico,  quadro è necessario rivolgere una particolare attenzione al tema del volontariato: a causa della pandemia, l’adesione ad attività qualificabili come tali  è nettamente diminuita.  Per volontariato, come sancisce la legge 266/99 che lo regolamenta, si intendono tutte le azioni civili a cui un individuo decide liberamente di dare il suo contributo senza corresponsione economica, affiancandosi o entrando a far parte di Associazioni, anch’esse senza scopo di lucro, che coordinano le iniziative sociali. L’individuo definito “volontario”, dunque, intraprende la decisione di partecipare a iniziative di sostegno civile,  senza  ricevere danaro, a meno che debba sostenere spese nello svolgimento del suo incarico specifico: solo in tal caso viene rifuso dall’Associazione in base ad  accordi prestabiliti e ufficiali.  

   Il mondo del volontariato comprende una moltitudine di Associazioni che operano in differenti campi, tra i quali, ai primi posti, si annoverano  ambiente ed ecosistema (due tra queste sono il WWF e Greenpeace), sanità in Paesi poveri o in guerra (Medici Senza Frontiere), iniziative sociali a favore dell'infanzia disagiata; anche settori come quello ospedaliero, quello militare e della società civile  ospitano forme di   volontariato, operativo in ospedali, servizi militari e civili (la cosiddetta Protezione civile).                          Nella nostra società, in cui vige un’organizzazione di tipo capitalistico, il volontariato risente fortemente di tale assetto economico, e forse può esistere solo attraverso il denaro. Se è vero che le attività  di volontariato non sono retribuite in denaro, tuttavia per poter produrre dei cambiamenti le Associazioni hanno bisogno di soldi, i quali possono essere utilizzati ricorrendo a  strumenti che ben rientrano all’interno di un sistema capitalistico: i media. La maggior parte di capitale che entra nelle casse delle Associazioni per permettere loro di far fronte alle spese necessarie, è messo in circolazione, molto spesso, grazie alle campagne “pubblicitarie”, se così possono essere definite, che la televisione, i giornali e i social media producono e che, naturalmente, coinvolgono maggiormente la società. Non è un caso, infatti, che le disponibilità di denaro più elevate siano detenute dalle Associazioni di volontariato che ci sono più note grazie alla televisione, come Save the Children, Fondazione AVSI, INTERSOS o ancora UNICEF. È necessario, se non indispensabile, la campagna di sensibilizzazione, “propria” del sistema capitalistico, in quanto se il sistema è di questo tipo deve agire in ogni campo attraverso gli strumenti che lo supportano. La coerenza, in questo senso, è  indispensabile per l’equilibrio sociale. 

Penso che per parlare di volontariato occorra fare riferimento a due campi che lo definiscono e lo rendono possibile nella nostra società. Il primo è l’effetto che il volontariato produce, il secondo è ciò che risiede  nel concetto di volontariato il quale, in realtà, è definibile attraverso una pluralità di categorie soggettive e individuali. Il volontariato produce sicuramente effetti positivi poiché agisce in direzione di determinare un cambiamento o, per lo meno, combatte affinché determinate situazioni possano mutare in meglio. Penso che gli effetti delle azioni portate avanti dalle Associazioni di volontariato siano essenziali non solo per procurare sollievo o addirittura salvezza in determinate situazioni, ma anche per mantenere in vita l’umanità.                

 Il secondo aspetto valutabile è la concezione soggettiva e particolaristica che sempre in termini di efficacia, questa volta interiore e umana, produce il volontariato. Parlo delle motivazioni che spingono un individuo a partecipare ad azioni di volontariato o a donare ad Associazioni. Queste due attività ritengo non siano sempre motivate da ragioni esemplari e corrette, in quanto l’essere umano spesso agisce, senza saperlo e inconsciamente, in maniera arrogante. L’inconscio, in tutto questo, opera nel senso di predisporre dalla nascita delle  barriere che sono ostacoli difficile da sormontare e coincidono con la consapevolezza del  genere, dell’appartenenza a una nazione e, in generale, con  tutto ciò che ci identifica. Queste barriere non sono sempre percepibili, dal momento che siamo costantemente inondati e alle volte anestetizzati dalla presenza di opinioni e “verità” esterne che presentano una realtà che è  il frutto del sistema capitalistico stesso. Dunque anche il volontariato è estendibile, in certe circostanze, a una scelta che forse non è così consapevole e interiormente elaborata. Se l’interiorità è minacciata dall’esterno perde la sua essenza, quella  che rende ciascun individuo vivo, diverso, unico e critico verso sé stesso e gli altri.

Guardando alla mia interiorità e alle mie motivazioni rispetto a questo argomento che può essere una sfida esistenziale,  penso che il volontariato sia una scelta che, come tutte le altre, deriva da un esame introspettivo il quale,  per concludersi, necessita di un’adesione  consapevole. Il pungolo della curiosità potrebbe, a tale proposito, esercitare una funzione fondamentale nel mio caso. Penso infatti già ora, che partecipare, per esempio, ad un’azione di volontariato in un altro Paese mi permetterebbe di arricchire la mia conoscenza culturale, di addentrarmi nella conoscenza di popoli che, fino ad ora, conosco solo grazie a un libro come La mia Africa  di Karen Blixen o che mi sono noti solo per la presenza di un film che ne ritrae un anfratto rispetto a quella che può essere la vastità della cultura e la varietà delle attitudini di un Paese. 

Penso che nell’essenza della parola volontariato ci sia un coacervo di significati. Uno fra tutti mi ha originariamente conquistata: il volontariato si manifesta basilarmente come  dono del tempo. Un tempo più prezioso del denaro, ma soprattutto soggetto a una variabilità costante: come se le velocità di scorrimento del tempo fossero diverse a seconda delle latitudini, dei luoghi e delle persone. Il tempo scorre diversamente in Europa e nei villaggi africani, in India e in Giappone. I minuti sono ore e le ore sono secondi. Dunque, se esiste la possibilità di fare in modo che il tempo, uguale e diverso, possa produrre umanità anche laddove sembra tutto disumano, la mia approvazione al volontariato è ancora più sentita, più forte e più consapevole. 

 Martina S. 


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