LAVORI MARCO POLO

 OLTRE I CONFINI DEL MONDO

Marco Polo nasce e muore a Venezia a cavallo tra la seconda metà del 1200 e l'inizio del 1300, compiendo durante il corso della sua vita innumerevoli viaggi verso e nell'estremo oriente. Ha la fortuna di viaggiare fin da giovanissimo, essendo figlio di mercanti, la nuova classe sociale emergente nel medioevo, insieme al padre e allo zio attraverso quella che secoli più tardi verrà chiamata La Via della Seta. Inviati dal Papa Gregorio X a recapitare un messaggio per il Khan cinese, intraprendono un viaggio, in varie tappe, che dura per quasi vent'anni.


“La tavola del Grande Kane è alta piú dell'altre; egli siede verso tramontana e tiene lo volto verso mezzodie. La sua prima moglie siede lungo lui dal lato manco, e dal lato ritto, piú basso un poco, li figliuoli e gli nipoti e i suoi parenti che sono de lo 'mperiale legnaggio, sicché lo loro capo viene agli piedi del Grande Signore. E poscia sedono gli altri baroni piú a basso, e cosí va de le femmine, ché le figliuole del Grande Signore e (le nipote e) le sue parenti istanno piú basse da la sinistra parte; e ancora piú basso di loro tutte l'altre mogli degli altri baroni; e ciascheuno sae lo suo luogo ov'egli dee sedere per l'ordinamento del Grande Kane. Le tavole sono poste per cotale modo che 'l Grande Kane puote vedere ogni uomo, e questi sono grandissima quantitade.”


Arrivato al palazzo del Khan,   Marco osserva tutto ciò che lo circonda con grande stupore e curiosità: in particolare in questo passo dedica la sua attenzione all'accoglienza ricevuta ad un banchetto dalle caratteristiche sostanzialmente differenti da quello occidentale, il tutto con una genuina curiosità che rappresenta uno dei motivi fondamentali di consonanza nei secoli a venire e ancora oggi. Sotto questo profilo Marco Polo presagisce, anche se solo in parte, il profilo del viaggiatore contemporaneo: non tanto il turista comune, quanto l'avventuroso e suggestivo protagonista di Into the Wild.

Oltre a questa vena di curiosità, Marco Polo ha ereditato dai suoi parenti il buon occhio del mercante come viene dimostrato nel passo seguente:


“E in mezzo di questo muro è 'l palagio del Grande Kane, ch'è fatto com'io vi conterò. Egli è il magiore che giamai fu veduto: egli non v'à palco, ma lo spazzo è alto piú che l'altra terra bene 10 palmi; la copertura è molto altissim[a]. Le mura delle sale e de le camere sono tutte coperte d'oro e d'ariento, ov'è scolpito belle istorie di cavalieri e di donne e d'uccegli e di bestie e d'altre belle cose; e la copertura è altresí fatta che non si potrebbe vedere altro che oro e ariento. La sala è sí lunga e sí larga che bene vi mangia 6.000 persone, e v'à tante camere ch'è una maraviglia a credere. La copertura di sopra, cioè di fuori, è vermiglia, bioia, verde e di tutti altri colori, e è sí bene invernicata che luce come cristallo, sicché molto da la lunga si vede lucire lo palagio; la covertura è molto ferma.”


Nella descrizione del palazzo del grande sovrano, Polo, meravigliato dalla maestosità della struttura, non può far a meno di sottolineare e descrivere dettagliatamente ciò che conosce molto bene: le pietre preziose e gli intarsi in metalli pregiati disposti ad ornamento delle pareti. In tale occasione, si manifesta chiaramente da parte sua quella che oggi chiameremmo “deformazione professionale”. 

Alcuni storici passati ritenevano che il mercante veneziano esagerasse nelle sue descrizione contenute nel Milione, da cui provengono le citazioni qui in uso, tanto da associare il soprannome “Milione” al fatto che abusasse del termine “milione” o “milionarie” riferito alle ricchezze del Gran Khan, ma è più plausibile fosse un soprannome di famiglia, risalente a uno zio di nome Emilio, soprannominato “Emilione”, poi troncato in “Milione”.  Il manoscritto, invece, come titolo iniziale ebbe il libro delle meraviglie del mondo, proposto dal compagno di cella di Marco Polo, Rustichello da Pisa, già prigioniero genovese dalla battaglia della Meloria tra le repubbliche di Pisa e Genova del 1284, raggiunto da Polo a seguito della battaglia di Curzola nel 1298. Fu proprio durante la prigionia che decise di lasciare testimonianza delle sue memorie, e il compagno di cella fu molto felice di prestarsi per il compito.  Dal manoscritto traspare la più genuina curiosità che ha caratterizzato la vita e i viaggi di Marco Polo, il contatto con le diverse culture e mentalità in maniera rispettosa e priva di pregiudizi come si può constatare nel prossimo passo:


“È porta a la natura piú bel panno che gli altri, e a collo un collaretto tutto pieno di pietre preziose, sí che quella gorgiera vale bene 2 grandissimi tesori. Ancor li pende da collo una corda di seta sottile che li va giú dinanzi un passo, e in questa corda àe da 104 tra perle grosse e rubini, lo quale cordone è di grande valuta. E diròvi perch’elli porta questo cordone, perché conviene ch’egli dica ogne die 104 orazioni a’ suoi idoli; e cosí vuole lor legge, e cosí fecero gli altri re antichi, e cosí fanno questi. Ancora porta a le braccia bracciali tutti pieni di queste pietre carissime e di perle, e ancora tra le gambe in tre luoghi porta di questi bracciali cosí forniti. Anche vi dico che questo re porta tante pietre adosso che vagliono una buona città: e questo non è maraviglia, se n’à cotante com’io v’ò contato.” 


Qui è racchiusa l’essenza della personalità di Marco Polo, affascinato dalle pietre preziose che erano indossate da questa tribù: ben consapevole del loro valore, decide in aggiunta di approfondire e cercare di comprendere il significato di tali usanze, per via di quella congiunzione di spirito mercantile e di atavica curiosità da viaggiatore di cui si è detto. Così avviene forse uno dei primi scambi culturali con la cultura buddista, all’epoca del tutto sconosciuta in Europa: Marco viene in contatto con una specie di Mala tibetano, una collana di 104 (o 108) pietre preziose, una per ogni preghiera, e si rende conto di trovarsi di fronte all’equivalente del suo rosario, nei confronti del quale manifesta rispetto, oltre a essere affascinato da tanta meraviglia. 


Raffaele, Alessandro S., Alessandro G. 

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CURIOSITÀ E RISPETTO

Il Milione contiene la storia del viaggio compiuto da  Marco Polo con suo padre Niccolò Polo e lo zio Matteo Polo, mercanti veneziani che s’impegnarono ripetutamente in viaggi su rotte orientali fino a quel momento inesplorate.  Il viaggio che coinvolge un giovanissimo Marco,  17 anni al momento della partenza, inizia nel  1271 e si conclude nel 1295. Nel Milione, dettato da Marco al poeta in lingua d’oil Rustichello da Pisa mentre entrambi si trovano in carcere a Genova nel 1298,  vengono riportate tutte le esperienze che Marco Polo fece alla corte, e al servizio del sovrano, nel vastissimo impero   di Kublai Khan, il più grande monarca orientale dell'epoca, presso il  quale rimase quasi vent’anni.

Marco Polo nacque  dunque nel  1254 a Venezia, un un’epoca in cui, da decenni ormai, i mercanti avevano visto accrescersi le proprie disponibilità economiche, e stavano iniziando una vera e propria scalata al potere, concomitante con una diminuzione di quello detenuto fino ad allora dalle aristocrazie feudali. Le attività mercantili e quelle finanziarie, bancarie soprattutto,  si delineano come forze economiche in grado di influenzare la politica, dal momento che anche papi e regnanti sono costretti, in occasione di guerre soprattutto, a chiedere prestiti a questi soggetti. Tra tutti gli eventi storici, furono in particolare le crociate a sortire un significativo impatto economico, positivo, sulle tasche dei mercanti, soprattutto quelli veneziani, che fornirono navi e  attrezzature ai crociati per combattere le guerre sante. Venezia diventò anche così, in aggiunta  alla sua posizione geografica molto favorevole ai commerci marittimi, un importantissimo nodo mercantile, un crocevia di genti provenienti da ogni dove. 

Per i mercanti era  indispensabile superare la staticità connessa con un’economia di tipo agricolo e stanziale: negoziare e viaggiare sono loro attività primarie. Il viaggio del mercante ha ovviamente un fine utilitaristico, ma ma proprio nel caso di Marco Polo si può notare come a questo possa saldarsi anche un secondo fine, che risale addirittura ai miti antichi. Ci riferiamo in particolare all’archetipo del viaggiatore interpretato ad esempio da Ulisse oppure da Giasone. Il protagonista dell’Odissea, come quello delle Argonautiche¸ è spinto da quel sentimento che è alla base di ogni partenza: la curiositas, ovvero la volontà ardimentosa di conoscere l’altro da sé

Nel Milione di Polo, quando si accetta di lasciarsi motivare dalla sua stessa curiositas, si possono trovare capitoli dai quali traspare chiaramente da parte sua un gusto per la minuziosa osservazione e documentazione degli usi e costumi dei popoli che incontra durante le missioni esplorative affidategli dal Khan. Al capitolo 82, ad esempio, si sofferma sull’organizzazione familiare del sovrano cinese, e indirettamente descrive anche il sistema governativo orientale. Una struttura fortemente familistica, con multiple mogli e concubine, in cui il numero esorbitante di figli dà luogo a una vera e propria autonoma gerarchia di potentati. Lo stesso può dirsi, stando al capitolo 85, in merito alla guardia personale  del Khan: un piccolo esercito formato da 12000 persone a cavallo chiamate Quesitan, ovvero cavalieri fedeli del signore. Questi cavalieri, guidati da quattro capitani  a costituire altrettanti gruppi da 3000 cavalieri che vegliano sul Khan intercambiandosi ogni tre giorni e tre notti,  sono sempre  presenti, anche quando il sovrano organizza una festa. Da questa accurata descrizione, che si sofferma anche sulle posizioni assunte intorno al tavolo imbandito, si può evincere quanto fosse grande la preoccupazione del Khan in merito al mantenimento saldo del proprio potere e alla sua esibizione a beneficio di tutti, del proprio popolo come degli stranieri. Polo non manifesta però quasi mai giudizi né inserisce elementi di confronto con gli usi occidentali: anche sotto questo profilo la lettura del Milione si propone come un’eloquente anticipazione di spirito documentaristico, se non di rispetto verso identità e culture differenti.

Luca J. Andrea C.

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 MARCO POLO: NEGLI SCRIGNI DEL LONTANO ORIENTE

E sul colmo del monte à uno palagio tutto verde, e è molto grande, sicché a guardallo è una grande meraviglia, e non è uomo che 'l guardi che non ne prenda alegrezza. E per avere quella bella vista l'à fatto fare lo Grande Signore per suo conforto e sollazzo (capitolo 83- Il Milione).

È con questo senso di profonda ammirazione, di grande meraviglia, per la scoperta che, chiuso in una prigione nel 1298 Polo, maestro viaggiatore conosciuto all’epoca anzitutto come mercante, narra a Rustichello da Pisa molte storie, ricostruisce abitudini e dinamiche relazionali, ma anche evoca luoghi di cui ha potuto fare esperienza nel suo viaggio da mercante-viaggiatore nel Celeste Impero Cinese

La visione utilitaristica del viaggio è percepibile sotto forma di restituzioni di vario genere e ambito. Tuttavia, l’attenta e scrupolosa descrizione di meccanismi estremamente collegati alla sfera mercantile non entra in conflitto e non è in  contraddizione con il percorso verso un ampliamento dell’orizzonte spirituale di Polo, al quale si riferiscono ad esempio le parole dettate alla fine del capitolo 83,  quando il viaggiatore rimane estasiato di fronte al panorama verdeggiante che lo circonda e sembra volersi compenetrare in esso. Lo spirito del viaggiatore,  quale si manifesta occasionalmente in Polo, è affine e consonante con quello del viaggiatore moderno (non del turista, però): coincide con la sorpresa genuina che deriva dalla percezione del  bello, visto e assaporato profondamente  forse per la prima volta; l’immensità dei panorami asiatici,  che Polo ha piacere e privilegio di guardare con i suoi occhi, è pienamente e minuziosamente restituita,  arricchita di dettagli talora fantastici, da colui che il viaggio di Marco Polo lo ha potuto conoscere grazie al racconto dello stesso maestro viaggiatore: Rustichello da Pisa, il quale rende limpidamente chiara l’immagine del Monte Verde del Grande Kahn Qubilai, il Grande Signore del Celeste Impero cinese con capitale Cambalu. Notevole anche l’appunto, da cui risulta che da questa immensa magnificenza, che tale appare agli occhi dello straniero,  del Monte Verde, il Grande Signore è confortato. Come se, in questa comune percezione, le barriere culturali smettessero di esistere.

Non è un caso che si parli di meraviglia dinnanzi al bello; Polo, mercante di Venezia proveniente da una famiglia di viaggiatori veneziani, si addentra in un territorio che perfino i più esperti viaggiatori di Venezia conoscevano poco. Subito dopo il ritorno del padre Niccolò e dello zio Matteo, partiti mercanti e tornati, in sovrappiù,  ambasciatori dell’imperatore cinese, Marco, da quel che si legge nel suo Milione, si fa un’idea abbastanza precisa dell’entità dell’impero,  il quale è probabile stupisca e incuriosisca tanto la sua anima di  mercante quanto quella  del viaggiatore ante litteram  che è in lui. Quanto alla stimolazione della meraviglia, in effetti, Il Milione è  paragonabile a un prezioso scrigno che racchiude molteplici visioni, le quali rappresentano una parte degli  straordinari scenari di cui Polo ha fatto esperienza diretta; con  Rustichello da Pisa, nel prologo, preannuncia un contenuto destinato appunto a promuovere meraviglia:

leggete questo libro dove le troverrete tutte le grandissime maraviglie e gran diversitadi delle genti d’Erminia, di Persia e di Tarteria, d’India e di molte altre province. (Prologo- Il Milione).

Il Grande Kahn è detentore di ricchezze smisurate, e  innumerevoli sono le persone, uomini e donne,  al suo servizio o in vari modi sottomesse ai suoi voleri. Animato da curiosità e provvisto dello spirito di osservazione tipicamente mercantile, Marco Polo non  lesina dettagli, spesso si tratta di numeri,  grazie ai quali l’effetto di ricostruzione realistica delle sue esperienze e conoscenze viene ulteriormente accentuato. Non pochi capitoli del Milione sono dedicati a dettagliare il modo in cui la ricchezza del Gran Khan non solo sia costantemente esibita, visibile attraverso suppellettili e ornamenti, ma anche affondi le sue radici in attività e in tradizioni antichissime,  connesse con la volontà di rinsaldare il potere sovrano di fronte alla popolazione che riconosce, anche  così, la sua necessità.

E tutto questo fornimento è di grande valuta, e sappiate che 'l Grande Signore àe tanti vasellamenti d'oro e d'ariento che nol potrebbe credere chi nol vedesse. (capitolo 85, Il Milione)

Il Grande Kahn, nel suo immenso palagio nella capitale dell’impero cinese, che aveva nome Canblau, possiede una grande quantità di oggetti in metalli preziosi, particolarmente oro e argento, e presiede a feste che si configurano come veri e propri rituali di consacrazione ripetuta del potere sovrano. Anche i mercanti vi partecipano, come si può comprendere dal passo seguente, in cui viene descritto il modo in cui vengano ripartite le preziose perle pescate nei mari orientali.  

È mercatanti donano al re de le 10 parti l’una di ciò che pigliano; e ancora ne donano a colui che incanta i pesci, che non facciano male agli uomini che vanno sott’acqua per (trovare) le perle: a costui donano de le 20 parti l’una. […] E quest’è usanza del regno, di donare lo doppio; e’ mercatanti e ogn’uomo, quando n’ànno, volentieri le portano al segnore, perché sono ben pagati. (capitolo 170-Il Milione).

 La  raccolta delle perle ha in sé un fine utilitaristico, commerciale, che il mercante Polo ama descrivere dettagliatamente, nominando anche le quantità di perle che devono essere donate al Grande Kahn (de le 10 parti l’una di ciò che pigliano[..]) e ai così detti incantatori che hanno la funzione di rendere prospera la stagione della raccolta delle perle che viene effettuata nella grande e ricca provincia di Maabar, chiamata anche l’India Maggiore, in un periodo ben preciso,  dal mese di aprile sino alla metà del mese di maggio, stagione in cui si trovano le perle buone e grosse in un golfo vicino a un luogo chiamato BaccalarNon è un caso che dopo una puntale descrizione in ambito economico Polo arricchisca il racconto, ripotato a Rustichello da Pisa, con qualche vezzo in più, che si discosta dalla semplice dimensione utilitaristica per corrispondere piuttosto alla  curiositas del viaggiatore:

  [...]E cosí vae il re come gli altri, salvo che porta altre cose, com’io vi dirò.[..] Ancor li pende da collo una corda di seta sottile che li va giú dinanzi un passo, e in questa corda àe da 104 tra perle grosse e rubini, lo quale cordone è di grande valuta. E diròvi perch’elli porta questo cordone, perché conviene ch’egli dica ogne die 104 orazioni a’ suoi idoli; e cosí vuole lor legge, e cosí fecero gli altri re antichi, e cosí fanno questi. (capitolo 170-Il Milione).

Per quell’attitudine a voler conoscere, che evoca la  scrittrice del Novecento Maria Bellonci nel suo scritto dedicato al mercante veneziano e alla sua opera,  Polo arricchisce la narrazione con una quantità di descrizioni commisurata al lunghissimo periodo, più di un terzo della sua vita, trascorso nel celeste

impero. Con la sua narrazione, forse resa a tratti fantastica dal poeta di storie cavalleresche Rustichello, concepita tra le pareti di una cella genovese in cui venne imprigionato durante la guerra tra le due Repubbliche Marinare di Genova e Venezia, egli dà forma a memorie dapprima intitolate Livre des merveilles du monde. Immediata la loro risonanza, dimostrata da multiple traduzioni in latino e svariati volgari e da molte riprese e variazioni nel corso del tempo.
Martina, Lorenzo

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MARCO POLO: LA FORTUNA DI NASCERE MERCANTI
VIAGGIATORI

Nei secoli successivi all’anno Mille,  la popolazione in Europa inizia a crescere rapidamente, e ciò comporta tra l’altro lo sviluppo delle città, che dopo essere state soprattutto un rifugio per la popolazione che doveva difendersi dai barbari, diventano il   contesto ideale per fare affari e favorire la circolazione del denaro. In tale contesto acquista consistenza e rilievo la figura del mercante, che con il proprio attivismo può anche liberarsi dalla schiavitù di un lavoro a servizio che caratterizza invece l’organizzazione feudale. Il processo di affermazione della classe mercantile sulla scena economica, sociale e politica è però molto lungo: solo nella seconda metà del ‘200 alcuni mercanti, in genere famiglie, detengono un potere economico e finanziario (si tratta di compagnie commerciali, di enti bancari) in grado di supportare richieste di sovrani e di papi. Nello stesso periodo si fa strada fra i mercanti più ricchi l’esigenza di partecipare alle attività culturali che, fino a quel momento, erano monopolio delle classi aristocratiche. Nella seconda metà del secolo, infatti, vengono concepiti cronache e diari di viaggio mercantili, con una prevalente funzione utilitaristica.

Tra le opere che sono espressione del mondo mercantile, un unicum è rappresentato dal Milione di Marco Polo, rappresentazione contemporaneamente fedele e infedele del viaggio da lui compiuto in oriente con scopi anche, ma non solo, commerciali. Nato a Venezia nel 1254, figlio di una ricca famiglia di mercanti, Marco Polo nel suo grandioso diario di viaggio si esprime  sia come  mercante sia come viaggiatore. La partenza verso il celeste impero  ha una funzione utilitaristica: si tratta di aprire una rotta commerciale tra Occidente e Oriente. Eppure, non è solo questo il suo movente, affiancandosi a esso una curiosità e una disposizione alla meraviglia che ripetutamente trapelano nel testo.

Il viaggio oggetto di narrazione nel Milione è quello che Marco intraprende a diciassette anni con il  padre Niccolò e lo zio Matteo, i quali avevano già percorso la rotta orientale in anni precedenti. Lo scopo è appunto quello di  allacciare rapporti commerciali con l’Oriente e di tessere relazioni diplomatiche fra quelli che, a tutti gli effetti, sono due mondi. Il  rapporto che s’instaura fra la famiglia Polo e il Gran Khan è molto positivo, complice sicuramente anche la conoscenza delle lingue locali da parte dei veneziani: Marco diventa l’informatore e ambasciatore personale del sovrano, che si fida molto di lui e gli assegna svariate missioni esplorative nei suoi smisurati territori. 

La possibilità di vedere di persona così tanti luoghi contribuisce sicuramente all’efficacia delledescrizioni particolareggiate contenute nel Milione: paesaggi e usanze sfilano dinnanzi ai nostri occhi, com’è possibile intendere dalle citazioni proposte di seguito.

“La tavola del Grande Kane è alta piú dell’altre; egli siede verso tramontana e tiene lo volto verso mezzodie. La sua prima moglie siede lungo lui dal lato manco, e dal lato ritto, piú basso un poco, li figliuoli e gli nipoti e i suoi parenti che sono de lo ’mperiale legnaggio, sicché lo loro capo viene agli piedi del Grande Signore. E poscia sedono gli altri baroni piú a basso, e cosí va de le femmine, ché le figliuole del Grande Signore e (le nipote e) le sue parenti istanno piú basse da la sinistra parte; e ancora piú basso di loro tutte l’altre mogli degli altri baroni; e ciascheuno sae lo suo luogo ov’egli dee sedere per l’ordinamento del Grande Kane. Le tavole sono poste per cotale modo che ’l Grande Kane puote vedere ogni uomo, e questi sono grandissima quantitade”. 

Il capitolo di cui è riprodotto un passo, contiene la descrizione di come sia organizzata la corte del Grande Kane, assumendo come pretesto l’occasione di un grande pranzo, a cui partecipano tutti i baroni con le mogli e i figli, le numerose donne del sovrano con i corrispettivi figli e vari nipoti e parenti. Subito evidente che la disposizione a tavola segue un preciso criterio, che consente al Grande Kane di osservare ogni convitato nella sala. Inoltre non gli ospiti non sono seduti a una, ma a più tavole, tra le quali quella  del sovrano è più alta delle altre, che si susseguono sempre in obbedienza a necessità gerarchiche, per cui più in alto siede  la sua prima moglie con i figli e i nipoti, più in basso  i baroni, poi le altre donne (mogli, figlie e nipoti) e infine le mogli dei baroni. Un rigida, e maschilista, organizzazione gerarchica.

“Or sappiate che questo re à bene 500 femine, cioè moglie, ché, come vede una bella femina o donzella, incontanente la vòle per sé, e sí ne fa quello ch’io vi dirò. Incontanente che elli vide una bella moglie al fratello, sí lile tolse e tennela per sua, e ’l fratello, perch’era savio, lo soferse e no volle briga co lui.” 

In questo passo,  invece, distanziato dal precedente, l’Autore ritorna sul tema della rigida gerarchizzazione e della subordinazione femminile, entrando nel dettaglio del numero di concubine a disposizione del sovrano (500) e della possibilità per lui di godere dei favori di qualsiasi donna, compresa la moglie di un fratello. Da notare che, per quanto questa costumanza sia in conflitto con le regole morali vigenti, almeno formalmente, nel mondo occidentale cristiano, non trapela da parte di Marco Polo alcun giudizio.


“Questa gente adorano l’idole, e la magiore parte il bue, ché dicono ch’è buona cosa; e veruno v’à che mangiasse di carne di bue, né nullo l’ucciderebbe per nulla. Ma e’ v’à una generazione d’uomini, ch’ànno nome gavi, che mangiano i buoi, ma non li usarebbero uccidere; ma se alcuno ne muore di sua morte, sí ’l mangiano bene. E sí vi dico ch’elli ungono tutta la casa del grasso del bue.” 

Così si legge in merito a quello che a quanto pare è considerato animale sacro, il bue, di cui annota che nessuno osi  fargli del male e che coloro che lo mangiavano,  a patto fosse morto di cause naturali, credevano di diventare immortali e ungevano la loro casa con il suo grasso per evitare maledizioni o ritorsioni divine. Anche solo da queste citazioni si ricava l’idea che Marco Polo abbia cercato di compiere una sorta di duplice impresa, avvalendosi del  concorso dello scrittore al quale, in carcere a Genova  nel 1298, Rustichello da Pisa, scrisse la prima redazione del Milione, intitolata Livre des merveilles du monde. Si tratta dell’impresa di documentare tutto ciò che poteva interessare la classe emergente dei mercanti, unita a quella di venire incontro a curiosità che il viaggiatore d’ogni tempo conosce bene, propenso com’è a non accontentarsi di guardare da lontano o di sentir raccontare, ma di volersi accostare a e persino immergere in nuovi contesti  e nuove esperienze.

Andrea T., Camilla

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Viaggio alla scoperta del mondo

 

Marco Polo era un mercante veneziano, che accompagnò il padre e lo zio in una spedizione e  ambasceria presso il gran Khan, intrapresa per ragioni commerciali, ma anche  per incarico di Gregorio X. Dopo aver soggiornato per anni, dai diciassette che aveva alla partenza nel 1271, una volta tornato, nel 1298 venne catturato fatto prigioniero durante la guerra scoppiata fra Genova e Venezia. Proprio in prigionia a Genova, in cella assieme a Rustichello da Pisa, noto autore di romanzi cavallereschi in lingua d’oil, procedette a raccontare i suoi viaggi a questo scrittore, che concepì, col titolo di Livre des Merveilles du monde, quello che oggi è a noi noto come Il Milione.

 

“Egli àe tuttavia 4 femine, le quali tiene per sue dirette moglie. E 'l magiore figliuolo ch'egli àe di queste 4 moglie dé essere per ragione signore de lo 'mperio dopo la morte di suo padre.

Elle sono chiamate imperadrici, e ciascuna è chiama[t]a per su' nome, e ciascuna di queste donne tiene corte per sé, e non vi n'à niuna che non abbia 300 donzelle, e ànno molti valetti e scudieri e molti altri uomini e femine, sicché ciascuna di queste donne à bene in sua corte 10.000 persone”

 

Con un piglio cronachistico, senza manifestare quello che potrebbe apparire un giustificato stupore da parte di un occidentale avvezzo ad altri costumi, Marco Polo enumera  mogli e concubine con cui l’imperatore Khan s’intrattiene variamente nel corso dell’anno, ovvero secondo una sorta di ritmo stabilito. La corte immensa del gran re viene così evocata, tra valletti e donzelle di servizio, non senza annotare a chi spetti poi l’eredità del potere: al figlio maggiore della prima moglie, in base a una rigida gerarchia.

 

“E in mezzo di questa sala ove 'l Grande Signore tiene corte e tavola è uno grandissimo vaso d'oro fino, che tiene di vino come una (gran) botte, e da ogni lato di questo vaso ne sono due piccoli: di quella grande si cava vino, e de le due piccole beveraggi. [Àvi] vasegli vernicati d'oro che tiene (l'uno) tanto vino che n'avrebbe assai bene otto uomini, e ànne per le tavole tra 2 l'uno, e anche àe ciascuno una coppa d'oro co manico, con che beono.

E tutto questo fornimento è di grande valuta, e sappiate che 'l Grande Signore àe tanti vasellamenti d'oro e d'ariento che nol potrebbe credere chi nol vedesse.”

 Il passo appena riportato vede Marco Polo al cospetto della tavolata del grande Khan. In questa descrizione sembra essere l’anima del mercante a esprimersi: a spiccare è infatti l’enorme quantità di oggetti, tutti d’oro, dai vassogli  ai  bicchieri, senza contare il riferimento alla grande valuta di tutta la suppellettile con cui la tavola è imbandita.

 

Or vi conterò come 'l Grande Signore fa carità a li poveri che stanno in Canbalu. A tutte le famiglie povere de la città, che sono in famiglia 6 o 8, o piú o meno, che no ànno che mangiare, egli li fa dare grano e altra biada; e questo fa fare a grandissima quantità di famiglie. Ancor non è vietato lo pane del Signore a niuno che voglia andare per esso; e sappiate che ve ne va ogne die piú di 30.000; e questo fa fare tutto l'anno. E questo è grande bontà di signori, e per questo è adorato come per idio dal popolo.

Infine, in questo passo, Marco Polo racconta che il gran Khan oltre a essere un ottimo imperatore è anche un uomo d’animo nobile, magnanimo, una sorta di Saladino, al quale Dante assegna una collocazione rispettabile nel limbo. Infatti il Khan qui descritto si preoccupa del suo popolo e  fa distribuire grano alle famiglie più povere della città, cosicché tutti possano sopravvivere decorosamente. Ovvio che si tratti di una precisa strategia, volta ad accrescere la sua autorevolezza e a   vincolare il popolo alla sottomissione, ma anche in questo caso Polo si limita a notare seraficamente che quel che ne deriva è che sia adorato come per idio dal popolo.

 Riccardo,  Giacomo

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LA SCOPERTA DELL’EST

Marco Polo nasce a Venezia nel 1254 da una ricca famiglia di mercanti. Incoraggiato dall’attività del padre intraprende un viaggio verso una destinazione lontana, l’oriente asiatico, terra di cui si avevano all'epoca scarse e fantasiose informazioni. Durante il suo viaggio accumula conoscenze che costituiscono un patrimonio di memorie, confluite nella dettatura di quello che diventerà Il Milione, a Rustichello da Pisa, nel 1298 in una prigione a Genova. Marco Polo, infatti, appena tornato dall'Oriente, prende parte a un conflitto tra la sua città e l'altra potente repubblica marinara e vien quasi subito fatto prigioniero.

Nel suo viaggio decennale, al contempo finalizzato alla mercatura e occasionalmente al servizio del Grande Khan, visita molti luoghi differenti, da cui è spesso affascinato come potrebbe esserlo qualunque viaggiatore, tipicamente spinto a partire da curiosità e disposto alla meraviglia di fronte all'inconsueto. A testimonianza di questo, riportiamo di seguito alcuni passi dedicati alla città di Canblau.

“E ‘l Grande Kane, trovando per astorlomia che questa città si dovea ribellare [e] dare grande 

briga a lo ‘mperio, e però lo Grande Kane fece fare questa città presso a quella, che non v’è 

inmezzo se non uno fiume.” (84)

Marco Polo evoca un palazzo appartenente al nipote del fondatore della città di Canblau e avvia da questa descrizione la storia dell’intera città, fondata dal nonno del proprietario del palazzo, ovviamente il Grande Kane.  Canblau si trova sulla sponda di un fiume e di fronte a un’altra città, Garibalu, dove un tempo abitavano molte persone. Il Grande Kane, però si volle ribellare dall’impero, e fece costruire Canblau, nonché progettare molti palazzi per convincere la gente che viveva a Garibalu a trasferirsi lì. Segue quindi l'evocazione della struttura cittadina, della cinta muraria in terra, della popolazione e dei vari palazzi che la compongono. In particolare spicca la descrizione del palazzo al centro della città, provvisto di campane che suonano per annunciare la sera.

Si capisce, quindi, che rientra nello stile della narrazione servirsi di dettagli visivi per restituire lastoria dei luoghi visitati: ciò presuppone, da parte di Polo, ben più che uno spirito voltounicamente al profitto mercantile e una capacità di osservazione, e di raccolta d'informazioni,

non comune. Cablau si trova nella regione del Catai nella quale Marco Polo si ferma per diverso tempo, sicché naturalmente, oltre a elencare e descrivere i luoghi che visita, dà molta importanza anche ai prodotti di queste terre. A tale proposito, il passo che segue descrive una vera e propria scoperta, che riguarda le cosiddette pietre che ardono:

Egli è vero che per tutta la provincia del Catai àe una maniera di pietre nere, che si cavano de le 

montagne come vena, che ardono come bucce, e tegnono piú lo fuoco che no fanno le legna.” (101)

A esse Marco Polo, in questo caso ben provvisto di spirito mercantile, dedica un capitolo intero, sottolineando come il ricorso a queste pietre renda più efficace l'accensione del fuoco e come esse, molto comuni nel territorio, possano quindi rappresentare un ottimo investimento per i mercanti che vogliano importarle in occidente.

Di là dagli interessi commerciali, si palesa in altri passi del testo anche una curiosità culturale da parte di Marco Polo, antesignano in questo di viaggiatori con vocazioni antropologiche appartenenti a epoche a noi più vicine. Questo si manifesta con chiarezza nel caso delle perle carissime che compongo una collana delle preghiere, utilizzata dai buddisti, corrispondente all'incirca al rosario noto ai cristiani.

“E diròvi perch’elli porta questo cordone, perché conviene ch’egli dica ogne die 104 orazioni a’ 

suoi idoli; e cosí vuole lor legge, e cosí fecero gli altri re antichi, e cosí fanno questi. Ancora porta 

a le braccia bracciali tutti pieni di queste pietre carissime e di perle, e ancora tra le gambe in tre 

luoghi porta di questi bracciali cosí forniti.” (170)

Così si manifesta, in una forma aurorale, la percezione dell'altra cultura, chiave di volta delle ricerche antropologiche sviluppatesi a partire dal tardo 1800, che hanno quindi in Marco Polo un loro primo, ai nostri occhi ingenuo, rappresentante, che di sicuro ha contribuito a tenere vivo lo spirito intriso di curiositas di mitici e archetipici viaggiatori come Ulisse e Giasone.


Tommaso, Davide
***

MARCO POLO, L’UOMO CHE SCOPRÌ L’ORIENTE 

Marco Polo nasce a Venezia il 1254, figlio di una famiglia di mercanti, la classe sociale emergente del medioevo. Questa condizione privilegiata, per quanto concerne la possibilità di viaggiare, gli permette di unirsi  da giovanissimo a una spedizione in estremo oriente insieme a suo padre Niccolò e allo zio Matteo. Con loro Marco raggiunge  la corte del Khan,  al quale, su  richiesta del papa Gregorio X, i veneziani recapitano un messaggio volto a iniziare una relazione politica con il potente sovrano orientale.  Nel 1275 il giovane Marco viene scelto dall’imperatore per compiere missioni esplorative nei suoi vasti territori, dei quali documenta al sovrano condizioni e rispetto delle regole imposte dal potere centrale, assolvendo un ruolo simile a quello di un funzionario di stato. Questo dimostra tra l’altro la fiducia che il mercante  fu in grado di  conquistare da parte di un sovrano che sembra anche essere  simile a Marco per via dell’interesse che nutre nei confronti della cultura occidentale, una curiosità che poi accomuna entrambi al viaggiatore d’ogni epoca, compresi gli archetipi originari incarnati dai mitici Ulisse o Giasone.

Lo Grande Signore de' signori, che Cob(l)ai Kane è chiamato, è di bella grandezza, né piccolo né grande, ma è di mezzana fatta. Egli è ca(r)nuto di bella maniera; egli è troppo bene tagliato di tutte le membre; egli à lo suo viso bianco e vermiglio come rosa, gli occhi neri e begli, lo naso bene fatto e ben li siede.

In questo passo Marco descrive con molta ammirazione le caratteristiche fisiche del Khan: in particolare si concentra sulla sua corporatura e sul suo volto, elogiandolo quasi come fosse una divinità, riportando quindi, oltre alla percezione personale (quella di un occidentale non avvezzo nemmeno all’abbigliamento del luogo in cui si trova), anche l’effetto culturale che il modo di apparire e presentarsi al suo popolo doveva conseguire: quello di un’incondizionata ammirazione, che rientra nel territorio della sacralizzazione del potere.

E in mezzo di questo muro è 'l palagio del Grande Kane, ch'è fatto com'io vi conterò. Egli è il magiore che giamai fu veduto: egli non v'à palco, ma lo spazzo è alto piú che l'altra terra bene 10 palmi; la copertura è molto altissim[a]. Le mura delle sale e de le camere sono tutte coperte d'oro e d'ariento, ov'è scolpito belle istorie di cavalieri e di donne e d'uccegli e di bestie e d'altre belle cose; e la copertura è altresí fatta che non si potrebbe vedere altro che oro e ariento. La sala è sí lunga e sí larga che bene vi mangia 6.000 persone, e v'à tante camere ch'è una maraviglia a credere. La copertura di sopra, cioè di fuori, è vermiglia, viola, verde e di tutti altri colori, e è sí bene invernicata che luce come cristallo, sicché molto da la lunga si vede lucire lo palagio; la covertura è molto ferma.

In questa descrizione, oltre a manifestarsi ammirazione e stupore da parte del viaggiatore, si esprime la precisione del mercante, che soppesa i materiali, ne conosce esattamente il valore e traduce anche in termini economici la bellezza  e la magnificenza delle costruzioni esibite dall’imperatore cinese. Senza dubbio, tra l’altro, il  Milione, il cui titolo originale era Le Divisament du Monde e che venne proprio all’inizio diffuso come Livre des merveilles du monde, dettato da Marco al compagno di cella  Rustichello da Pisa durante la prigionia di entrambi nelle carceri genovesi nel 1295, risulta essere un compendio della sincera curiosità che ha caratterizzato i viaggi di Marco e dello spirito avventuroso che costituiva la principale ispirazione dello scrittore in lingua d’oil che prestò la sua penna al racconto. Questa sorta di anima fantasiosa del Milione, oltre a essere forse la ragione principale del suo successo ancora vivo dopo più di sette secoli, si fonde armoniosamente con notazioni come quella che segue, in cui sembra possibile riconoscere una sorta di terza via fra un’esistenza condotta esclusivamente in nome della fantasia e della bellezza e una finalizzazione utilitaristica delle attività umane. Il tipo di commercio qui descritto, infatti, rende tutti egualmente soddisfatti, a dar credito al resoconto di Polo, pur palesando chiaramente una notevole arroganza da parte dell’imperatore, che fa incetta delle pietre più belle, ma le paga a chiunque gliele venda il doppio, ottenendo così il risultato che obbediscano alla sua imposizione, temperandone così la fondamentale ingiustizia.

E sí vi dico che neuno può trare neuna pietra né perla fuori di suo reame, che pesi da un mezzo saggio in su; e ’l re ancora fa bandire per tutto suo reame che chi à grosse pietre e buone o perle grosse, che le porti a lui, ed elli ne farà dare due cotanti che no li costano. E quest’è usanza del regno, di donare lo doppio; e’ mercatanti e ogn’uomo, quando n’ànno, volentieri le portano al segnore, perché sono ben pagati.

Francesco, Lorenzo P.

***

UNIRE L’UTILE AL DILETTEVOLE

Marco Polo,  nato a Venezia nel 1254 da una famiglia di mercanti, ha avuto l'opportunità  di compiere un lunghissimo viaggio nella Cina del Grande Khan in compagnia dello zio e del padre,  addirittura svolgendo importanti missioni esplorative nel territorio immenso di Kubilai. Così, unendo l’utile al dilettevole, ovvero sia aprendo una rotta commerciale che avrebbe ampiamente avvantaggiato i traffici della famiglia e della potente repubblica marinara sia arricchendo con informazioni suggestive l’immaginario occidentale sull’oriente, ha svolto una funzione importantissima e duratura di tramite occidentale con le terre del lontano Oriente, territorio che ai tempi era sconosciuto. Parte dei  suoi viaggi e delle sue testimonianze sono poi state documentate da lui stesso nel Milione,  dettato da Marco a  Rustichello, scrittore di romanzi cavallereschi in lingua d’oil  incontrato in prigione a Genova poco dopo il ritorno dal viaggio in Cina.. Il  Milione è l'opera che, in epoca medievale, ha aperto la strada allo sviluppo di una letteratura di viaggio destinata nel tempo a diventare molto importante, soprattutto in concomitanza con il verificarsi delle scoperte geografiche.

E tutto questo fornimento è di grande valuta, e sappiate che 'l Grande Signore àe tanti vasellamenti d'oro e d'ariento che nol potrebbe credere chi nol vedesse. Esappiate che quegli che fanno la credenza  al Grande Signore sono grandi baroni, e tengono fasciata la bocca e 'l naso con begli drappi di seta e  d'oro, acciò che loro fiato non andasse nelle vivande del signore. §85

Nella parte riportata del passo si può notare quanto Marco Polo sia rimasto particolarmente colpito dall’entità smisurata delle  ricchezze possedute dal Khane, superiore a quella ottenibile anche dal mercante più avveduto. Marco sottolinea anche  che è impossibile immaginare tutti gli averi che il Khane possiede,  che sono incommensurabili. Nel passo successivo Marco fa riferimento a un tesoro peculiare, consistente nelle perle più grandi che si siano mai viste. Posto infatti che sia possibile trovarne in qualsiasi mare, dato che le correnti le possono trasportare ovunque, il Gran Re non solo ne ha fatto incetta, ma ha anche ideato quelle che noi potremmo definire  strategie di  marketing.

E sapiate che le perle che si truovano in questo mare si spandono per tutto il mondo, e questo re n’à  grande tesoro. Or v’ò detto come si truovano le perle; e da mezzo maggio inanzi no vi si ne truova piúe.  Ben è vero che, di lungi di qui 300 miglia, si ne truova di settembre insino ad ottobre. §170

Dunque, sfruttando l’esperienza dei pescatori, che riconoscono le stagioni migliori per la raccolta delle perle, così come i contadini sono ben consapevoli della stagionalità di certe colture, il gran re fa in modo che le perle più belle e perfette gli vengano riservate, pagandole in ogni caso abbondantemente.

Egli è vero che per tutta la provincia del Catai àe una maniera di pietre nere, che si cavano de le  montagne come vena, che ardono come bucce, e tegnono piú lo fuoco che no fanno le legna. E  mettendole la sera nel fuoco, se elle s'aprendono bene, tutta notte mantengono lo fuoco. E per tutta la  contrada del Catai no ardono altro; bene ànno legne, ma queste pietre costan meno, e sono grande  risparmio di legna. Or vi dirò come il Grande Sire fa, acciò che le biade non siano troppe care. §101

In queste sezioni in cui il testo s’avvicina, pur senza mai diventare del tutto, a  presentarsi come un catalogo merceologico, Polo porta a conoscenza dell’occidente materiali destinati a godere di grande fortuna. Questo è il caso delle pietre nere,  usate per accendere il fuoco, la cui specialità  è quella di ardere per  molto tempo. Molto probabilmente altro non sono che carbone, preferito comunque alla legna che, pur essendo abbondante,  è più cara e meno efficiente dal punto di vista della durata. Lezioni di economia che non sfuggono all’oculato mercante.

Come 'I Grande Kane fa ri[porre] la biada (per) soccorere sua gente. Sappiate che 'l Grande Kane, quando è grande abondanza di biada, egli ne fa fare molte canove d'ogne biade, come di grano, miglio,  panico, orzo e riso, e falle sí governare che non si guastano; poscia, quando è il grande caro, sí "l fa  trarre fuori. E tiello talvolta 3 o 4 anni, e fa 'I dare per lo terzo o per lo quarto di quello che si vende  comunemente. E in questa maniera non vi può essere grande caro; e questo fa fare per ogni terra ov'egli  àe signoria. Or lasciamo di questa matera; e diròvi della carità che fa 'I Grande Kane.

Non mancano nemmeno le note di ammirazione morale verso il sovrano: Marco racconta com’egli si prenda cura dei suoi sudditi, accumulando prodotti   negli anni in cui il raccolto è  molto abbondante per essere pronti ad affrontare eventuali crisi o carestie, particolarmente pericolose per i bilanci delle  famiglie povere solitamente anche molto numerose (addirittura fino a 8  persone). Di qui, tra l’altro, anche il fatto che il  Khan sia generalmente molto benvoluto dalla popolazione.

Le mura delle sale e de le camere sono tutte coperte d'oro e d'ariento, ov'è scolpito belle istorie di  cavalieri e di donne e d'uccegli e di bestie e d'altre belle cose; e la copertura è altresí fatta che non si  potrebbe vedere altro che oro e ariento. La sala è sí lunga e sí larga che bene vi mangia 6.000 persone, e  v'à tante camere ch'è una maraviglia a credere. La copertura di sopra, cioè di fuori, è vermiglia, bioia,  verde e di tutti altri colori, e è sí bene invernicata che luce come cristallo, sicché molto da la lunga si  vede lucire lo palagio; la covertura è molto ferma.

Tra l'uno muro e l'altro dentro a questo ch'io v'ò contato di sopra, àe begli prati e àlbori, e àvi molte  maniere di bestie salvatiche, cioè cervi bianchi, cavriuoli, dani, le bestie che fanno lo moscado, vai e  ermellini, e altre belle bestie. La terra dentro di questo giardino è tutto pieno dentro di queste bestie,  salvo la via onde gli uomini entrano. §85

I due passi sopra riportati, infine, possono nuovamente documentare il punto d’incontro fra lo spirito viaggiatore di Marco e quello mercantile ovvero, ancora una volta, quella simbiosi fra utile e dilettevole di cui si è inizialmente detto.  Al centro dell’attenzione sono i dettagli preziosi degli arredi, la sontuosità dell’insieme, che suscita meraviglia, ma al contempo trova giustificazione nella necessità da parte del monarca di esibire tutto il suo potere e la sua magnificenza per essere sempre rispettato e obbedito dai sudditi.  Lo stesso Polo, peraltro, è  onorato di conoscere il Grande Khane e contraccambia l’ospitalità più che benevola ricevuta da parte sua con descrizioni da cui egli emerge senza ombre e difetti.

Stefano, Alessandro Ga.

 


 


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