TEMA IN CLASSE 27 NOVEMBRE

Torino, 27 novembre  2023

Tema in classe

TIP. A Analisi di un testo poetico

Igino Ugo Tarchetti, Memento![1] da Disjecta[2], Versi (pubblicazione postuma nel 1879)

Quando bacio il tuo labbro profumato,

 cara fanciulla, non posso obbliare

 che un bianco teschio vi è sotto celato

 

Quando a me stringo il tuo corpo vezzoso,

obbliar non poss'io, cara fanciulla,

che vi è sotto uno scheletro nascosto.

 

 E nell'orrenda visione assorto,

 dovunque o tocchi, o baci, o la man posi,

 sento sporgere le fredda ossa di un morto.

Igino Ugo Tarchetti nacque a San Salvatore Monferrato, vicino ad Alessandria, nel 1839. Malato di tisi, morì per una febbre tifoide nel 1869. Anticonformista, sensibile alla malinconia e alle fantasie macabre, ha lasciato diverse opere tra romanzi, racconti e poesie. Si tratta in certi casi di opere di critica sociale,  supportanti tesi antimilitariste, altre volte di racconti che presentano un certo gusto per l’orrido, l’abnorme e il patologico, frutto in particolare della lettura delle opere di Poe e Hoffmann. Notevolmente originale  il romanzo psicologico Fosca, pubblicato postumo e terminato dall’amico Salvatore Farina.

Comprensione e analisi

1.    Percorri, in una sorta di sintesi di immagini e concetti, il componimento da inizio a fine

2.    Soffermati sul senso del titolo e sull’influenza suggestiva che esercita sull’intera lirica.

3.    Individua, soffermandoti anche su singoli termini, una rete di antitesi che il poeta crea nella breve lirica e ricavane spunti per commentarla.

4.   Perché, ovvero con qualche ricerca comunicativa da parte del poeta, considerata la brevità della lirica, l’espressione cara fanciulla viene iterata?

Puoi rispondere punto per punto oppure costruire un unico discorso che comprenda le risposte alle domande proposte in un ordine stabilito da te.

Interpretazione

La lirica di Tarchetti si colloca in un periodo di cambiamento del gusto estetico e della sensibilità. Delineane le caratteristiche, ampliando poi  il discorso in modo da inserire riferimenti  alla bohème  e a Baudelaire.

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TIP. B Analisi e produzione di un testo argomentativo

Paolo Legrenzi, L’amicizia - Se il contatto sociale diventa una rete da remoto, pubblicato su “Domenica”, inserto del “Sole 24 Ore” del 20/2/2022

Robin Dunbar, professore a Oxford, dal 2007 dirige l’Istituto di Antropologia cognitiva ed evoluzionista. L’Istituto, costruito a sua immagine e somiglianza, mostra come siano da tempo saltate le suddivisioni classiche nello studio di animali e uomini (anch’essi animali, almeno per uno psicologo evoluzionista). Dunbar è giunto a questa nuova area di ricerca dopo un lungo percorso caratterizzato sempre dall’interesse per le relazioni sociali. Dopo essersi laureato nel 1969 a Oxford, per circa un quarto di secolo Dunbar osserva i comportamenti delle scimmie, delle antilopi africane e delle capre selvagge delle isole scozzesi. Alla luce di questi studi, negli anni Novanta, Dunbar ipotizza che 150 sia la dimensione massima di una comunità di amici, e non solo nel caso di umani. Amico è termine vago. L’attore e regista inglese Stephen Fry una volta spiegò nel corso di una trasmissione della BBC che Dunbar intendeva per amico tutte le persone a cui vi avvicinereste senza esitazione per sedere loro accanto se vi capitasse di vederle alle tre del mattino nella sala d’attesa dell’aeroporto di Hong Kong. Non possiamo avere 150 amici veri: troppi, almeno secondo l’uso consueto del termine. Quale è allora il confine tra amico e conoscente? Dunbar ha cercato la risposta partendo sempre dall’ipotesi che 150, la quantità divenuta nota come numero di Dunbar, sia correlata alle dimensioni del cervello di una specie. Questa ipotesi ha fatto colpo anche al di là del mondo ristretto degli specialisti. Spiegare la quantità di amicizie soltanto con le dimensioni del cervello e non con le circostanze della vita è contro-intuitivo. L’idea può piacere nella sua semplicità, ma è vaga e controversa. Il 5 maggio 2021 sulle Lettere di Biologia della Royal Society tre ricercatori – Lindenfors, Wartel, e Lind – hanno mostrato che la correlazione delle dimensioni del cervello di una specie con le sue capacità sociali è debole e, soprattutto, varia molto a seconda dei criteri e dei metodi di misura. Peraltro è vero che le comunità umane, dai villaggi del neolitico alle bande dei cacciatori nomadi fino alle unità di base degli eserciti, non hanno mai superato le dimensioni del numero di Dunbar anche da quando la tecnologia permette non solo di parlarsi ma anche di vedersi da lontano.

Proprio con l’avvento delle reti, sempre più utilizzate durante la pandemia, Dunbar ha modificato la sua ipotesi originaria sostenendo che il limite sta nella quantità di risorse. Possiamo dedicare queste risorse per molto tempo a pochi amici oppure intrattenere rapporti meno stretti con una comunità più ampia. Dunbar si rifà allo psicologo sociale Stanley Milgram che, negli anni Sessanta, mostrò che bastavano solo sei contatti per collegare due persone scelte a caso negli Stati Uniti. Chiese a residenti nel Midwest di raggiungere una persona sconosciuta, per esempio a Boston, rivolgendosi a un conoscente che, a sua volta, avrebbe chiesto di scrivere una lettera a un altro. Se conoscete qualcuno che ha a che fare con Boston gli scrivete in modo che lui possa proseguire la catena. Si scopre così che non si è mai a più di sei anelli di distanza da chiunque altro (Sei gradi di separazione, dal titolo di un film di Fred Schepisi del 1993). Dunbar ha modificato l’esperimento originale lasciando libera la prima persona di inviare il messaggio a più conoscenti scoprendo, ancora una volta, che questi non superano mai i 150. Studiando le sempre più diffuse comunicazioni da remoto, Dunbar ha messo a punto un modello basato su cerchi concentrici che vanno dalle persone a cui siamo molto legati fino ai conoscenti più lontani. Sorge così la questione di quale sia il cuore di questi cerchi concentrici. Dunbar si ispira al lavoro pionieristico di Fritz Heider (Psicologia delle relazioni interpersonali, 1958) che vede nella coppia o nella triade il cuore delle reti sociali. Unità vulnerabili perché devono mantenere equilibri talvolta difficili, come nei film, tratto dall’omonimo romanzo di Henri-Pierre Roché (1953),  Jules et Jim di Truffaut (1962) o nel western Butch Cassidy (1969): il triangolo finisce perché è la donna a uscire di scena.

Il libro compendia i lavori di una vita appassionata, ma mostra anche i limiti nell’uso dei dati sperimentali. Poniamo che siate interessati, come Dunbar, alle differenze tra i sessi nelle relazioni sociali. Finché studiate grandi numeri di conoscenti, potete scoprire differenze statisticamente significative nei comportamenti di femmine e maschi. Non troverete però differenze assolute, che valgono cioè in tutti casi. Immaginate variabili semplici come l’altezza o il peso: gli uomini in media sono più alti e pesanti delle donne, ma questa differenza non vale per ogni donna e uomo presi a caso. Analogamente, nel caso di amicizie intime, le differenze emerse da grandi numeri possono dar luogo a spiegazioni errate di un caso specifico e, più in generale, a pregiudizi e stereotipi. Per capire veramente come funzionano, o non funzionano, le amicizie, la statistica non basta: libri e film, se buoni, mostrano più cose.

Comprensione e analisi

·         Realizza una sintesi concettuale, in un massimo di tre periodi, del passo sopra riportato.

·         Soffermati sulla distinzione fra amico e conoscente, trattandola da un punto di vista il più possibile generale, rappresentando come la si intenda comunemente.

·         A un certo punto, nel riferire l’impostazione delle ricerche di Dunbar, l’autore dell’articolo scrive che egli ha messo a punto un modello basato su cerchi concentrici che vanno dalle persone a cui siamo molto legati fino ai conoscenti più lontani. Sorge così la questione di quale sia il cuore di questi cerchi concentrici. Quali sono i termini di questa questione ovvero come la si potrebbe riformulare?

Produzione

Elabora un testo dedicato al tema delle relazioni umane, tenendo presente la distinzione fra amico e conoscente, che nel tuo testo devi approfondire, e aggiungendo considerazioni relative al contributo alle relazioni che proviene dai sentimenti, ben distinti dalle  emozioni (distinzione che devi introdurre e precisare).

 

TIP. C Riflessione critica, di carattere espositivo-argomentativo, su tematiche di attualità

Imposta una riflessione critica sull’argomento femminicidio. Poniti l’obiettivo di promuovere una discussione sull’argomento, ossia di impostare prima correttamente la questione, attraverso quesiti precisi inerenti al tema, ai quali cerchi di fornire non una, ma più risposte anche in contrasto fra loro. Non preoccuparti di arrivare a una conclusione, ma piuttosto di delineare il quadro entro il quale collocare correttamente l’argomento. Per favorire questa impostazione, riporto di seguito alcuni dati e una citazione da un saggio del filosofo novecentesco Erich Fromm..

1) A livello internazionale il termine femminicidio fu usato per la prima volta nel 1976, quando l’attivista e studiosa sudafricana Diana Russell testimoniò al tribunale internazionale sui crimini contro le donne a Bruxelles, in Belgio, affermando che gli omicidi di donne e ragazze assumevano una forma decisamente misogina. 

2) La parola femminicidio comparve per la prima volta in un quotidiano il 4 aprile 1977, su “La Stampa”, in un editoriale dal titolo La tentazione del femminismo armato, firmato dalla giornalista femminista e militante radicale Maria Adele Teodori. Ne scriveva per denunciare una serie di episodi di violenza contro le donne, mettendo in evidenza il desiderio di prevaricazione maschilista per cui le donne vanno negate come persona e come identità.

3) La Spagna, che si definisce il primo paese a contare tutti i tipi di femminicidio, dal 2022 include nelle statistiche anche gli omicidi avvenuti al di fuori delle relazioni di coppia. Nel luglio 2023 in Belgio è stata approvata una legge che distingue tra diversi tipi di femminicidio e definisce le forme di violenza che possono precederlo, come la violenza sessuale o psicologica.

4) Il database dell’osservatorio promosso dal basso dalle attiviste di Non una di meno (Numd), che conta femminicidi, lesbicidi e transcidi, è attualmente lo strumento migliore per monitorare la situazione in Italia. Si tratta di un lavoro di raccolta di controdati, come li ha definiti la ricercatrice e professoressa del Massachusetts institute of technology, Catherine D’Ignazio. Sono dati complementari o alternativi a quelli ufficiali, fondamentali per avviare un dibattito e una discussione su problemi o fenomeni sottovalutati da governi e istituzioni. Nell’ultimo rapporto relativo al 2023, l’osservatorio riporta 94 femminicidi, un transcidio, nove suicidi di donne, uno di una persona trans e sei morti in fase di accertamento. La donna più giovane aveva tredici anni, la più anziana 95. Inoltre, ci sono stati sedici tentati femminicidi e almeno sei persone sono state uccise perché presenti in quei momenti. Solo nel 3,7 per cento dei casi il colpevole non conosceva la persona che ha ucciso, e in almeno undici casi su ventisette l’arma da fuoco usata era legalmente detenuta.

5) L’amore non è soltanto una relazione con una particolare persona: è un'attitudine, un orientamento di carattere che determina i rapporti di una persona col mondo, non verso un oggetto d’amore. Se una persona ama solo un’altra persona ed è indifferente nei confronti dei suoi simili, il suo non è amore, ma un attaccamento simbiotico, o un egotismo portato all’eccesso. Eppure la maggior parte della gente crede che l’amore sia costituito dall’oggetto, non dalla facoltà d’amare. Infatti, essi credono perfino che sia prova della intensità del loro amore il fatto di non amare nessuno tranne la persona amata. Questo è un errore. Poiché non si vede che l’amore è un'attività, un potere dell’anima, si ritiene che basti trovare l’oggetto necessario e che, dopo ciò, tutto vada da sé. Questa teoria può essere paragonata a quella dell’uomo che vuole dipingere ma che, anziché imparare l’arte, sostiene che deve solo aspettare l’oggetto adatto, e che dipingerà meravigliosamente non appena lo avrà trovato. Se amassi veramente una persona, amerei il mondo, amerei la vita. Se posso dire a un altro ti amo, devo essere in grado di dire amo tutti in te, amo il mondo attraverso te, amo in te anche me stesso. (Erich Fromm, L’arte di amare, 1957)

 



[1] Memento è l’imperativo futuro di memini, che significa ricordare. La traduzione è quindi Ricorda!, con un riferimento all’utilizzo, proprio della lingua latina,  dell’imperativo futuro come forma destinata quasi esclusivamente alle formule testamentarie.

[2] Il termine disjecta deriva dal latino, sottintende membra e significata (parti) staccate, frammenti, con riferimento alla natura appunto frammentaria delle liriche in questione. 

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